L’inflazione ufficiale rallenta, ma quella percepita resta altissima. Per gli italiani, i rincari non sono mai finiti. A pesare è un mix di paure, bollette e memoria recente. Perché i conti non tornano più, nemmeno nella testa
Nell’Italia post-pandemica, l’inflazione non è solo un numero. È una sensazione continua, un tarlo che si infila nelle tasche e nelle abitudini quotidiane. Secondo un sondaggio realizzato da Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore del Lunedì, gli italiani oggi percepiscono un’inflazione del 9,9%, quasi otto punti in più rispetto al dato ufficiale dell’Istat (2% su base annua ad aprile).

La distanza tra ciò che si prova e ciò che dicono i dati è sempre esistita, ma stavolta il divario si allarga: 7,9 punti, mentre a ottobre 2023 era di circa sei. La spiegazione non è solo economica, ma anche psicologica. “L’effetto memoria conta – osserva Maurizio Del Conte, docente alla Bocconi – dopo tre anni consecutivi di rincari, la percezione si sedimenta. Anche se i numeri rallentano, la fatica resta”.
I settori che alimentano maggiormente l’inflazione percepita sono quelli più vicini alla quotidianità. Casa, acqua, elettricità e combustibili registrano un 16,4% di percezione, a fronte di un’inflazione reale del 5%. Una forbice enorme, che si ripete su più fronti: beni alimentari (13,1% contro 3,2%), abbigliamento e calzature (9,7% contro 0,8%), ma anche servizi ricettivi e beni per la persona.
Non si tratta solo di numeri. È una questione di sensazioni radicate, amplificate dal contesto. La pandemia, i rincari energetici, la guerra in Ucraina e ora i dazi commerciali agitano scenari futuri incerti. Il 61% degli intervistati non ritiene adeguato il proprio stipendio o pensione. Un italiano su due ha già ridotto i consumi negli ultimi sei mesi. E due su tre temono che nei prossimi mesi la situazione possa peggiorare.
Il Governo corre ai ripari, ma basta?
Il recente Decreto Bollette (Dl 19/2025) ha stanziato 3 miliardi di euro, di cui oltre metà destinati a un bonus una tantum da 200 euro per le famiglie con Isee inferiore ai 25mila euro. Una misura necessaria, ma temporanea. Quando l’inflazione si percepisce più con la pancia che con la testa, anche gli interventi rischiano di sembrare poca cosa.
L’indice dei prezzi rallenta, ma l’ansia resta. Perché l’inflazione, per molti, non è un grafico: è una sensazione che non smette mai di farsi sentire.

A contribuire a questa sensazione diffusa c’è anche un clima di incertezza che si trascina da anni. Come sottolinea Maurizio Del Conte, docente alla Bocconi, il divario tra inflazione reale e percepita si amplia soprattutto nei momenti di instabilità economica, quando basta una fiammata nei prezzi per alterare la percezione collettiva.
E oggi, dopo una lunga fase di rincari e con il timore di nuovi aumenti all’orizzonte, quella sensazione di insicurezza si traduce in una percezione più acuta del caro vita. Non serve una spiegazione scientifica: basta osservare come si vive.